lunedì 25 luglio 2011

Le parole dette

Lo so che con queste righe mi sputtanerò, ma essere una blogger e' uno sporco mestiere e qualcuno deve pur farlo. Scriverò delle cose forti, qui, ma me ne assumo le mie piene responsabilità!

Sto uscendo da un tunnel fatto di aggressività, acidità, amarezza, stress. Il mio cambiamento si deve alla maternità o alla maturità, per non chiamarla vecchiaia. Fatto sta che ora sono cambiata, molto, e la Giulia di prima non mi piace più. Quando ne vedo ancora traccia nei miei comportamenti mi deprimo, ma è soprattutto quando la scorgo in quelli altrui mi innervosisco moltissimo.

Sarà che siamo tutti un po' stressati, a Milano, ma non solo, sarà che siamo sempre più a corto di tempo per noi, ma anche di spazio, di soldi, di cose belle, di gesti "alti" ... sarà, ma siamo tutti ruvidi, e non e' affatto giusto. Non lo è per noi stessi, non lo è per chi ci ascolta, per i bimbi che ci prendono come esempio, non lo è MAI, dato che una brutta parola può rovinare un rapporto per sempre.

Una parola detta rimane nell'aria e avvelena, come recita una canzone a me tanto cara dei Madreblu:

"... le parole sono spari nel buio,
fanno male senza avere intenzione,
o conoscono la direzione giusta
proprio dritte e ferme colpiscono
frasi uscite dalla bocca, pensieri..."

Una parola brutta, un tono minaccioso o arrogante, un’interruzione brusca sono un'aggressione verbale che non si dimentica. Io DETESTO l’aggressività di qualunque forma, i modi sgarbati, le rispostacce, i clamorosi abbassamento di registro, la maleducazione nelle donne, le parolacce nei bambini.
Io ricordo ancora TUTTE le cose brutte, forti, volgari che mi sono state dette dai genitori, dagli amici, dagli insegnanti, dagli ex: ferite che mi hanno segnato e che rimangono incise nella carne e che per la maggior parte dei casi sono state dimenticate da chi le ha dette.

Ricordo una terribile professoressa di tedesco alla Scuola Interpreti di Firenze: la feci arrabbiare per un passivo sbagliato e mi urlò: “FRAU BERNINI, SIE SIND EINE KATASTROPHE!” (traduzione più che ovvia: “Bernini, lei è una catastrofe”) … Ora, può darsi anche che l’orrida Heinemeier abbia avuto ragione da vendere, ma c’è modo e modo …a parte il fatto che mi laureai in tedesco a pieni voti e che della mia classe iniziammo in 60 e finimmo in 3, comunque avrebbe potuto dirlo in modo più educato e corretto (dato che la scuola in questione costava una sassata e mi meritavo almeno la sua educazione…). La crucca ora non si ricorderà più di me, ma la frase berninisiesindeinekatastrophe mi risuona sempre nelle orecchie nei momenti più delicati della mia vita, andando a peggiorare  clamorosamente la stima che ho di me stessa. Vi sembra giusto?

Insomma, non sono stata immune da questa " malattia", ma ne sono uscita quasi del tutto. Cerco di parlare con calma e con un tono rassicurante, per motivi professionali (sono un'esperta di comunicazione) non posso certo parlare come una scaricatrice di porto (massimo rispetto).

Parlo tra l'altro più lingue e vorrei cercare di risultare educata, carina, professionale e competente in ciascuna di esse, che sia inglese, francese, tedesco o un po' di spagnolo. Vorrei cercare di avere il tono giusto con clienti e giornalisti, il che non significa essere piatta o legnosa, ma brillante e interessante, senza risultare sboccata, o troppo informale, come noi toscani sappiamo fare bene! Ma parlare da toscanaccia nel tempo libero e' "ganzo", a un convegno sul lusso un filino meno.

Non  solo, voglio avere il massimo rispetto anche per mio figlio che sta imparando ora, con molto ritardo, a parlare correttamente. Mi piace scandire bene le sillabe, usare parole nuove e difficili che piano piano entreranno a far parte del suo linguaggio quotidiano. Non voglio che sembri un piccolo lord, ma che almeno vada oltre mamma, pappa, bibe, cars ..

Insomma, prima di esprimervi a parole o a gesti inspirate-respirate-e-contate fino a dieci...  le parole sono spari nel buio, fanno male senza avere intenzione…

La vostra educatissima
Giulina

martedì 12 luglio 2011

Tolleranza zero

Io sono una stronza.

Non stronza nel senso di cattiva o invidiosa. Oppure sanamente egoista, cioè una che si para il culo in questo mondo di squali e stronzi veri. Io sono stronza nell’accezione più comune di una che fa le cose da stronza, cioè male. Non ve lo so spiegare bene, ma se continuate a leggere capirete. Insomma qualcosa farete anche voi, no, o devo fare tutto tutto io?  - come dice sempre il PN)

(Ecco perché sono stronza: perché potevo dirvelo bene, ma ve l’ho detto male)

Questo mio essere stronza si va a sommare al mio essere acida e al mio avere un carattere di merda (e  parlare come una contessina inglese, by the way). Il fatto che tutti mi trovino dolce, simpatica e adorabile è un mistero profondo e insondabile, secondo solo a quello tanto declamato “della fede “ (massimo rispetto), e all’altro mistero, quello inglese, cioè che Carlo abbia preferito Camilla a Diana.

Ci sarebbero veramente anche altri misteri tipo:

come fa a piacere ancora Gucci

perché ci vuole ancora la waiting list da Hermes quando  sappiamo tutte che è una bufala

perché gli uomini continuano a preferire le (finte) bionde … (non parlo di te, biondina)

perché sono zitella (forse perché acida, stronza e dal pessimo carattere? Ma allora è il cosiddetto cane che si morde la coda)

Ma affrontiamone uno per volta, fa caldo e sono stufa.

Riassumendo: io sono acida, stronza e ho un carattere di merda.
 Faccio anche la PR, professione molto poco adatta a una persona acida, stronza e dal carattere guanoso, come dico sempre, per cui questo mi rende anche un’idiota totale e poco lungimirante. Il fatto che io sia anche bravina – dicono i più - rende il tutto veramente incomprensibile.

Ma non complichiamoci la vita. Un mistero alla volta.

Ho poco tempo. Vivo continuamente e serenamente di corsa, dove serenamente è detto con ironia, molta ironia. Come più volte detto, sono una ragazza madre, molto madre e poco ragazza, il che significa che cresco mio figlio ( il PN, riassuntino per chi si fosse collegato solo oggi) da sola, con l’aiuto di Santa Isabel da Loja, Ecuador. E basta.
I miei genitori vivono a Siena, un fratello, Santo Sandro, a NY, uno a Milano, Santo Duccio che lavora come un mulo, anche se non ho mai capito che cacchio faccia, cmq è un Bocconiano, qualcosa di figo lo farà sicuramente, e una sorella, Santa Silvia, che ancora studia a Siena. Questa pletora di fratelli è bravissima col PN, ma capite bene che geograficamente parlando non è proprio alla mano. Santo Duccio mi aiuta nel we, insieme a Santa Claudia, la sua fidanzata.
Tutti sono stati beatificati e santificati solo per l’orrido fatto di dover aver a che fare con la sottoscritta, che ne è l’incompresa e vituperata sorella maggiore.

Premessa fatta per farvi capire che tra un figlio e tre lavori diversi (pr, personal shopper e consulente di un’azienda che produce collagene, il benedetto collagene) e ora anche blogger, non ho proprio i minuti da scialacquare. Come amo dire, sono solita dividere le giornate in 48 slot da 30 minuti l’uno e giro sempre con un’agenda elettronica (che altro non è che un vecchio Nokia che non riesco ad’abbandonare al proprio destino) che mi bippa in continuazione le cose da fare. Io la mando regolarmente a fare in culo, ma capite bene però che se lei bippa, qualcuno le avrà pur chiesto di farlo !!!

A causa quindi di quanto avviene nella mia vita, io ho tolleranza ZERO verso tutti, un po’come le offerte della TIM¸ io ho lo scazzo alla risposta verso tutti:

non amo perdere tempo, per cui se l’interlocutore si dilunga divento viola, inizio a farfugliare qualcosa e sparisco. Generalmente fingo un problema all’asilo per darmela a gambe levate. Ora che l’ho detto a tutti i miei 25 lettori di manzoniana memoria dovrò forzatamente (viva Cetto La Qualunque) cambiare scusa.

Non amo nemmeno ascoltare tutta tutta la telefonata di qualcuno, per cui a metà sostengo di aver capito e prometto di richiamare. Cosa che non faccio MAI

Non rispetto molto le regole stradali quando sbicicletto allegramente per la città e sono ricercata in più quartieri di Milano

Faccio le facce. Esattamente come quelle per cui Maria Luisa Busi è stata licenziata dal TG1. Io faccio le facce se sento delle cagate pazzesche, se mi annoio, se l’interlocutore mi sta offendendo l’intelligenza, se banalmente mentre sono lì vorrei (o dovrei) essere là.

Non faccio finire di parlare nemmeno i miei clienti, che sono quelli che mi consentono di essere RMPRMM
(ragazzamadrepocoragazzamoltomadre).
A metà dico OK e me ne vado a fare quello che mi è stato chiesto. Generalmente vengo richiamata e insultata, ma ultimamente sento dei grandi sospiri di rassegnazione. Probabilmente se non fossi RMPRMM  mi avrebbero già cacciata a calcioni nel famoso culo (famoso perché pare sia la cosa più bella del mio essere Giulia Bernini, mah, sarà, a me sembra uno scaldabagno di quelli bianchi, vecchi e brutti).

Insomma, io non ho tempo, tantomeno tempo da perdere. Lo so, è bruttissimo da dire, ma non è cattiveria. E’ solo la stronzaggine di cui prima. Le altre forse sono più brave, più diplomatiche e più carine. Io non ho più tempo di essere ANCHE tutte queste cose e me ne dispiaccio sinceramente. Io devo lavorare e mantenere un figlio e far si che sia felice anche se la nostra famiglia è “diversa” (ma poi cosa è la norma? direbbe la mia analista).

Io sono una stronza. Amen.

Etiquette à la "Plage"

Oh mamma mia, da dove iniziare?
Giuro, cercherò di essere pacata e il meno snob possibile, ma da sempre le domande che mi pongo sul genere umano in estate aumentano. Soprattutto al mare, in spiaggia.

Solite premesse, altrimenti mi accusano di essere una stronza anoressica: Io Giulia Bernini premetto che tutti possono andare al mare, che tutti possono mettersi in costume, che ognuno di noi ha diritto alle tre settimane di ferie al mare. Tutti.

Ma come in tutte le cose, c'e modo e modo. Stare in spiaggia e rilassarsi è un diritto di tutti, ovviamente! Però anche in questo caso (si veda blog sulla permanenza in treno) sarebbe molto apprezzato che voi non urlaste, non vi scofanaste il pranzo di natale, non lasciaste più resti plastici che si degraderanno tra eoni di anni, non sculettaste in faccia a tutti, ne’ se siete Miss Capannina 2011, ne’ se siete Miss Menesbattodellediete. Nell’ultimo caso è FORTEMENTE consigliato non sculettare troppo, per ovvi motivi di salute pubblica e decenza personale.
Già stare in costume è di per sè molto strano, figuriamoci con il tanga, il perizoma, il topless fisso se avete la settima di seno. ORRORE E RACCAPRICCIO.

La mia non è invidia (della settima), ma sano buon senso e un filino di buon gusto, che non guasta mai, fa chic e non impegna mai troppo.

Per quanto mi riguarda, perché io parlo solo di quanto mi riguarda, altrimenti il blog si chiamerebbe in un altro modo, no? Io sono una che ha delle tette come due nei e frequento sia spiagge pubbliche che stabilimenti balneari. Io NON faccio il topless negli stabilimenti balneari, non butto le tette (o quello che il Signore mi ha messo li dove tutte le donne hanno le tette) in faccia ai bambini e ai signori di una certa età paganti! Al massimo, nel pomeriggio, quando il PN dorme, scendo in spiaggia in orari solitari e abbasso i laccetti (e se proprio proprio sono sola al mondo zac abbasso il reggiseno, ma ripeto, a me non mi guarda nessuno, sembro una bambina scema che gioca a fare la grande quando ho il reggiseno, per cui…)

Discorso diverso se sono su una spiaggia pubblica, ma certo non mi tolgo il reggiseno mentre faccio le piste delle caaaaar o il castello con mio figlio. Un po’ di rispetto per gli altri, cribbio.

Stessa cosa dicasi per chi urla, sente musica a tutto volume, gioca a palla mettendo a rischio la vita di chi legge, per chi si butta in acqua correndo come un ossesso e facendo annegare qualche bambino appeso a innocenti paperelle …

Insomma, NON FATE AGLI ALTRI QUELLO CHE NON VORRESTE FOSSE FATTO A VOI STESSI, DAI!

In treno

Sono una snob, si sa.
Sono una snob che viaggia spesso.
Sono una snob che viaggia spesso e in seconda classe, perché sono una snob easy going (forse dovrei rivedere questa mia ultima posizione).
Viaggio in seconda classe anche per lavoro, perché mi ostino a voler sanare il debito nazionale da sola, facendo risparmiare le mie casse e quelle delle aziende per cui lavoro.

Credevo di essere tutto questo.

E’ che forse sto invecchiando e male, ma io non sopporto più avere a che fare con la maggior parte delle persone, soprattutto quelle che incontro in treno o in pullman, quindi probabilmente inventerò una nuova classe, la classe per rospe, a meta tra la prima e la seconda, vicino al  bar, possibilmente, perché è proprio in treno che sempre più spesso mi ricordo che non mi nutro da giorni, e accanto a un bagno FUNZIONANTE perché io sono una che ha a cuore i propri reni e bevo almeno due litri di acqua al giorno.

Innanzitutto in viaggio non sono simpatica nemmeno un centesimo di quello che sono normalmente. Non che io mi senta simpatica, anzi, sono simpatica come un calzino usato buttato sulla faccia. Ma in treno sono odiosissima. Diciamo che non tolgo gli occhiali da sole e le cuffie nemmeno per andare in bagno. Ma perlomeno sto zitta, non attacco bottone, cerco di non parlare troppo al telefono e se proprio proprio qualcuno mi scartavetra i testicoli (francesismo, scusate, non riesco a farne a meno) via cavo cerco di gestire il tutto con il tono di voce più basso possibile.
Per me il treno è un " comodo" (ahahahahh) mezzo per spostarmi il più velocemente possibile non appena posso fare a meno dell'aereo o dell'auto aziendale.
Non ho nessuna voglia di fare amicizia, di cuccare, di attaccare bottone, di scambiare ricette, rimedi per dimenticare un ex malmostoso, o stratagemmi per convincere mio figlio ad andare all'asilo senza piangere. Anche perché pago un'analista per dimenticare i miei ex nel più rapido modo possibile e mio figlio, Dio l’abbia sempre in gloria, va a scuola molto volentieri per cui non ho questo problema. Almeno questo non ce l’ho, ne ho altri.
Se incontro qualcuno che conosco lo saluto con la mano, ma non mi fermo mezz’ora in mezzo al corridoio a tediarlo o a tediare chi siede accanto a lui, perché do per scontato che abbia avuto una settimana di cacca come me per cui opto per lasciarlo in pace.

Anzi il treno nella maggior parte dei casi è un ottimo momento per riflettere e per gettare le basi della settimana (lavorativa e non) che ho di fronte.

Detto questo, non condanno chi fa amicizia e chi si innamora in treno. Beati voi, se siete in questo stato d'animo! Io spesso voglio ammazzare qualcuno (come ieri) o riposarmi perché sono in difetto di ore di sonno dal liceo, a occhio e croce.

Però vi chiederei, anacronisticamente, in questa era di social network imperanti: vi prego, vi invito alla massima discrezione! Devo già sopportare un abuso di comunicazioni nella mia vita, non me ne frega a una beata mazza di quello che avete fatto ieri, dell’ultima riunione, dell’ultima trombata. Fatele, le trombate, ma per favore, non le imponete a me. Sono acida, lo so, ma il mio cervello riceve una marea di informazioni e ne trattiene pochissime. Per favore, evitiamo quelle in eccesso! E il volume, per favore, il volume, santo cielo. Ma non avete avuto una zia zitella come me (nel doppio senso di come ho avuto io e di come diventerò presto) che vi ha insegnato anzi imposto l'educazione, quella sana pila di regole dette di buona creanza???

E i panini, il cibo, il bere, il caffè.... MODERAZIONE... Per favore non mangiatemi i fagioli all'uccelletta davanti! Aborro. Siamo in treno, non alla sagra dello gnocco fritto.

Dividiamo poi i viaggi in solitaria dai viaggi con il PN, che meritano una menzione a parte.

In solitaria dormo, leggo, lavoro, sistemo l'agenda, il tutto senza proferire verbo. Se ricevo una telefonata premetto che sono al telefono e che posso ascoltare ma che risponderò a monosillabi per ovvi motivi di privacy mia, di educazione e di rispetto nei confronti dei miei sventurati compagni di viaggio.
Sventurati, certi, un cippa lippa. Di loro so tutto, urlano la qualunque, fanno domande, ammiccano, chiedono info sui miei moderni mezzi tecnologici. Quando scendono mi sento felice come una ex moglie davanti al tribunale che ha sancito il divorzio.

Quando sono con mio figlio, generalmente sulla tratta Milano Firenze in treno, o Milano Siena in pullman, non ho tempo assolutamente per leggere, lavorare, parlare al telefono. La sopravvivenza mia e degli astanti ha la priorità. Chiedo scusa a tutti a prescindere, per il solo fatto che Lorenzo respiri. Poi tutto il mio io è attento al fatto che Lorenzo stia seduto, composto, che non urli (soprattutto che non urli “Mamma mi scappa la cacca” come ha fatto l’'unica volta che non trovando posto in seconda sono stata costretta a un viaggio coi fortunelli della prima classe), che non attraventi le macchinine per tutta la carrozza, che non esiga di guidare il treno, che non faccia sedile-bagno-sedile-bar-sedile-bagno-sedile-bar più di due o tre volte a tratta (e poi mi si chiede perché ca**o sono magra).


Insomma mi faccio un culo tanto solo per evitare di leggere un labiale altrui che fa: “guarda quella peste di bambino e guarda la madre, totalmente sopraffatta dagli eventi”

Perché non me ne sbatto di quello che pensano gli altri? Perché ancora con la mia analista non sono arrivata a quel capitolo li. Cioè, di me come Giulia Bernini potete pensare quello che vi pare, me ne frego allegramente, ma di me come mamma e di mio figlio NO.

Voglio che pensiate il meglio, sempre.

Detto questo, in treno cerco di essere buona e tollerante con i bambini piccoli (max 5 anni) perché li conosco bene e so che si rompono le palle a stare seduti e che rompono le palle agli astanti, però anche voi genitori un pochino applicatevi, ecchecacchio!

Invece per quelli in treno senza figli tolleranza zero, al solito.

Dalla vostra rospina, la figlia dellaRospa
LaGiulina

LaRospa è in pensione

LaRospa mi è andata in pensione e mi si sono aperte enormi prospettive di vita sociale!

Traduzione: mia mamma è andata in pensione dopo tanti anni di onorata carriera (era una ginecologa barra sessuologa) e ora vorrebbe passare più tempo con mio figlio, che normalmente abita a Milano, portandolo al mare, dove abbiamo una fantastica casa isolata sul cucuzzolo di una collina, isolata dal mondo, a km zero dalla pace.

Evvaiiii!

Mi spiego meglio: adoro mia mamma e la chiamo LaRospa solo perché ogni tanti mi risponde male. Adoro anche mio figlio e senza di lui sto veramente male, mi manca una parte fondamentale di me, pero' mi rendo anche conto che ogni tanto una mamma ha bisogno di essere solamente una donna, staccare per un po' la testa e fare le cose di sempre (lavoro di ufficio, lavoro di casa) con più rilassatezza rispetto a quando deve anche controllare che suo figlio non si spacchi la testa o ingurgiti gli integratori al posto suo o si ficchi un lego nel naso!

Non che io non pensi a mio figlio h24 quando lo tiene la nonna, anzi, ma e' un pensiero più dolce e nostalgico, rispetto quando sto sempre sulle spine come quando lo hai per casa, non so se rendo l'idea...
Non solo, mi fido ciecamente di mia mamma, e so che con lei e con Nonno Eppe il PN e' al sicuro.

Anche quando Lorenzo e' in trasferta dal mio babbo e dalla sua compagna Laura mi sento stra sicura, pero' e' meno abituato alla loro compagnia e allora sto in ansia tutto il tempo, sperando che si comporti bene e che non lo riprendano troppo. Io e mio figlio abbiamo delle regole a casa e io sto molto attenta che lui le rispetti... Sono pero' una mamma un po' atipica e sicuramente le regole che faccio rispettare io non sono le stesse osservate a casa dei miei. Si cambia, si cresce e si impongono paletti diversi ai figli.

I miei genitori però mi hanno cresciuto in modo onesto, corretto, a tratti rigido e non mi dispiace affatto che facciano lo stesso con il PN! Le differenze non sono poi molte. Io sono forse più una mamma di contenuto, piuttosto che di forma!

Tornando a bomba al mio essere depennizzata, trovo salutare, fisiologico e giusto che anche gli attori di una grande storia d'amore come quella mia e di mio figlio, si separino per qualche giorno. Quando si rivedranno sarà sicuramente più bello stare insieme. Nel mio caso sarò riposata, piena di energia e, cosa più importante, quando una madre sa di essere realizzata anche come donna, sia nella sfera sentimentale, che in quella personale, è sicuramente una mamma più felice, più allegra, più giocosa, anche se stanca morta.

Quindi in summa: Lorenzo è al mare e io posso uscire. Peccato che non mi caghi mai nessuno. Forse la mia asocialità e il mio dedicarmi solo al lavoro e a mio figlio mi ha allontanato dalla vita pubblica.

Me ne farò una ragione, disse quella stravaccandosi sul divano dopo cena, spengendo iPhone, iPad e Blackberry.

martedì 5 luglio 2011

Ufffffffffffaaaaaaa

Ma perché non fai teatro
Sei buffa come un culo
Sei troppo simpatica
Sei ganza
Ma come sei alta
Che bei capelli
Ma quanto chiacchieri
Ma quante cose fai
Ma quando mangi
Ma quanto mangi
Ma ti alleni spesso
Ma tuo figlio è vegetariano come te
Ma perché non sei sposata
Ma perché una come te e sola
Ma tu non ti rilassi mai
Ma dove la trovi tutta questa energia
Ma quanto stai davanti allo specchio
Ma perché hai sempre questa valigia enorme

Ma io tutte queste cose a voi le chiedo...?

Io vi dico per caso:


Scusa, non fare mai teatro perché faresti cagare
Scusa, ma quanto cazzo sei bassa
Scusa, ma quanto cazzo mangi, sei un bove
Scusa, ma ti alleni ? No, vero? Si vede!
Scusa, ma a tuo figlio cosa dai da mangiare
Sai che sei antipatica come un calzino usato
Ma come fai a concentrare tanti vestiti di merda in quella valigia  così piccola?
Ma quanto stai davanti allo specchio? Poco, mi sa
Scusa ma tu chiacchieri poco perché sai di essere insulsa

Il concetto è: ok, io sono ANCHE tutto quello che avete detto, per carità di Dio! Ma chi vi da il diritto di chiedermi SEMPRE tutte quelle cose? Ma io a voi vi spacco i maroni con delle domande così inutili?

Ok sono buffa
Ok parlo tanto
Ok sono alta
Ok sono pittoresca
Ok faccio ironia di continuo
Ok sono vegetariana
Ok sto ore davanti allo specchio
Ok una delle mie preoccupazioni è essere anche carina e ben vestita
Ok potrei fare teatro

Ma a voi che ca**o ve ne frega? Io non sono un personaggio pubblico che deve (deve?) spiegazioni

Ma siete buffe sapete???
Io sono solo me stessa, sempre, e se questa me stessa è diversa da voi perchè devo dare spiegazioni?

Gabrielle Chanel in arte Coco: una donna, un esempio per tutte

Il mio lavoro prevede che frequenti ambienti di lusso, generalmente popolati da persone che lavorano nel lusso, che non sempre sono persone “di lusso”.

Io sono stata così fortunata o viziata (o forse banalmente brava), che mi posso permettere di lavorare solamente con le persone che dico io, quelle che nel lavoro mettono in primis la professionalità, ma non solo: il cuore, l'anima, il rispetto, la correttezza, la gentilezza, la preparazione.

Tra i tanti clienti che ho avuto, e che per fortuna ancora ho, c'e' Michele Corvo, presidente della società Corvo. Una delle persone più corrette, conosciute e rispettate del settore dell'Alta Orologeria, che distribuisce in Italia alcune marche di orologeria di nicchia tra le più belle e interessanti al mondo. Non lo dico perché di questi brand sono la pr, ma sono la pr di queste aziende proprio perché sono assolutamente meravigliose.

Tra le marche di orologi che Corvo rappresenta in Italia c'e anche CHANEL




Ho lasciato lo spazio necessario perché le ragazze che leggono il mio blog possano riprendersi.

Lavorare per Chanel vuol dire anche frequentare la sede Chanel di Parigi...
Capiamoci subito: di Chanel, a parte gli orologi che indosso e che ho acquistato per il mio lavoro, mi piacciono da morire i prodotti iconici creati da Gabrielle Chanel detta Coco. La borsa 2.55, i profumi, alcuni cosmetici, alcune scarpe, quelle più riconoscibile, i must have che ogni donna desidera possedere almeno una volta nella vita. Le collezioni più moderne mi toccano meno, mi colpiscono poco. Le rispetto, per carità, ma non esprimono il mio stile e la mia modalità espressiva.

Chanel però è un mondo fantastico! A partire da lei, Gabrielle Chanel, una donna nata nel 1883 che diceva, anzi gridava a tutta la Francia prima, poi a tutto il mondo, le stesse cose che noi ragazze sosteniamo con foga oggi, nel 2011. Peccato lei avesse il coraggio di dirlo nel 1900!

Una donna che indossava cravatte, che portava borse a tracolla, che si vestiva da uomo, che faceva sport, che si poteva abbronzare, che si tagliava i capelli, che portava scarpe basse, che ha fatto della semplicità e della comodità un must per ogni donna che al contempo sapeva anche essere femminile, elegante, seducente, senza quegli orpelli che a fine '800 le nostre ave erano costrette a indossare, come il corsetto, e le crinoline. Per carità, bellissime da vedere, ma scomodissime e strettissime, che presumevano che una donna non facesse una cippa lippa dalla mattina alla sera, a parte fare la bella bambolina che sposa l'aristocratico indicato dalla famiglia.

Roba brutta, ma una volta funzionava così ...e purtroppo in molte parti del mondo e' ancora così SE NON CI DIAMO UNA SVEGLIATA DONNE

Gabrielle Chanel non era una ricca snob viziata, ma come sapete tutti, era stata abbastanza sfigata da piccola. Segno evidente che il mio motto, volere è potere, funziona, e che chi tira fuori audacia, determinazione e una bella dose di grinta arriva, o perlomeno esce dalla merda!

Gabrielle aveva perso la mamma ed era stata abbandonata dal padre in un orfanotrofio. Non era certa ricca, anzi, ma amava osservare tutto, era curiosa come una scimmia e aveva un'ambizione su tutte: essere libera, indipendente e creare oggetti che usava prima persona e che sono poi diventati delle icone di stile. Alla base di tutto: la perfezione. Coco Chanel non mollava. Tutto doveva essere assolutamente perfetto. (mi ricorda qualcuno)

Non mi dilungo sulla vita di Coco, che tutte conoscete, vorrei solo sottolineare che spesso dietro un brand del lusso, magari avversato dai più (che, banalmente, non lo conoscono) esiste una storia di dolore e poi successo, di rivincita dopo la difficoltà, di gratificazione, di studio, di applicazione, di ricerca. La storia di una donna che era un mito e che è diventata mitica, un esempio per tutte noi. Chanel aveva anche un gran cuore: forse non tutti sanno che i proventi di una sua esposizione dopo il 1929 andarono tutti alle vedove che avevano perso il marito suicida dopo la grande depressione.

Chi lavora per Chanel è impregnato della marca, ma non a caso sono quasi tutte donne e ci sarà un perché: immagino che ci sia un'enorme soddisfazione a lavorare per un'azienda creata da una piccola donna superbrava che ha cambiato il corso, se non della storia, della moda e della femminilità.


Mediate donne meditate!
LaGiulina, la vostra inviata a Parigi

Ps: sull'aereo che mi riportava a Milano la hostess mi guarda con insistenza. La guardo scocciata per spiegare che sto digitando sull'ipad in modalità aereo e quindi senza rete, ma lei mi interrompe e mi dice: Tranquilla, la sto solo guardando perché indossa un orologio divino!
E io: C'est Chanel, il s'appel Premiére.... E lei: j'adore
Ahhh Chanel ti amo